dimenticando lo zucchero

Un mio vicino di casa vive di complotti, ne è assuefatto. È fatto così, Marco: trova sempre una spiegazione a tutto, per quanto improbabile o, nel più estremo dei casi, insensata. Ma ultimamente Marco è cambiato: la direzione del suo ragionamento si è come invertita. Prima, vedeva un problema, o quello che per lui era un problema, e come spiegazione elaborava l’ennesimo complotto; ora, invece, i complotti rappresentano per lui solo la premessa, sono scontati, autoevidenti, non meritano tempo, nemmeno il suo. La sua mente, adesso, è tutta sulla creazione del problema, sulla situazione che lo giustifica. Marco è diventato il proprio peggior nemico. Stamattina, è passato a trovarmi. Davanti a un caffè, ha detto che a un certo punto la sua tazzina si sarebbe svuotata, che anzi la tazzina, di fatto, era già vuota. Si è alzato senza nemmeno bere, ha fatto cadere la tazzina dal tavolo, ha detto che la lobby del caffè avrebbe sistemato tutto ed è andato via.

tradendo sogni e previsioni

L’impressione, netta, che il Tempo sia sintesi compatta di momenti, a loro volta sintesi di altre sintesi dello stesso tipo. Vivere qualcosa adesso significa viverla per sempre: l’istante cova la conclusione di ogni storia, che quindi è destinata a non finire mai. I media, per dire, non parlano d’altro: lo sgombero di ciò che resta dell’orologio più grande del mondo procede serrato, eppure non si vedono progressi. I leader del mondo, compresi i bastian contrari, già parlano di ricostruzione.

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con un mese di anticipo

Il Tempo tradisce e dimentica, come noi tradiamo, dimentichiamo, modifichiamo. Tempo e mente possono scambiarsi di ruolo: il presente può cancellare ciò che è stato, la mente ripristinarlo. Finché non è pensato, il Tempo, infatti, è conoscibile (modificabile?). E quindi, se il Tempo è vittima del pensiero, la sua sparizione dovuta però a qualcos’altro (ad esempio al capriccio di un arconte) quali conseguenze avrebbe per la vita, l’universo, tutto quanto? La possibilità di una risposta mi terrorizza. O magari, chissà, in realtà non sono io a essere terrorizzato, ma il Tempo stesso (mai veramente neutro).

Così finisce il mondo

Quando esplose, l’orologio più grande del mondo produsse un rombo che fece il giro del pianeta. Eppure oggi, circa un mese dopo, nessuno ricorda nulla. Cioè, non proprio nessuno. Io, per dire, ricordo. Ma sono l’unico, forse. Altri come me, finora, non ne ho conosciuti. O magari sì, non saprei. Da allora, comunque, la realtà sembra, come dire, un po’ più strana. Succede qualcosa, ma, al tempo stesso, nulla cambia; come se quel qualcosa avesse avuto luogo in una dimensione immaginaria. In media, in meno di un mese penso di aver dubitato delle mie percezioni una dozzina di volte al giorno. Lunedì scorso, per esempio, per qualche ora ho creduto che l’immaginazione fosse la realtà, la realtà l’immaginazione.

ma anche il suo contrario

Sbocciare, appassire: una direzione e il suo specchio. Mi sento così, ora: la persona che sono, che penso di essere, di essere diventato. Ma anche l’opposto: una mera ipotesi, un’immagine senza radici, se non quelle fatte di pensiero – mattoni dell’infinitamente piccolo. Oggi diverso da ieri, ieri diverso da oggi. Proprio ieri e non oggi. Ieri, sì, quando invece la direzione delle cose era una. Cos’è successo? “Le persone cambiano”, direbbe qualcuno. Già. Ma è comunque cambiamento, quando vecchio e nuovo convivono? Cosa succede se una forza inarrestabile incontra un oggetto inamovibile?

Volatilità del senso

I detriti caotici di puro significante generati dalla percezione fallita di un significato solamente intuito, mai compreso, possono diventare anticipazioni di nuovi sensi, schegge pluridimensionali di nuove porte la cui fugacità cresce all’aumentare della volontà di dominio nel qui e ora.